Sony continua ad essere nei guai e rischia di essere condannata a un risarcimento enorme da oltre sette miliardi di dollari. Cosa è successo?
Il colosso Sony si trova di nuovo al centro di un processo che ha lo scopo di accertare se ci siano stati o meno comportamenti che hanno in qualche modo leso i diritti degli utenti.
Non è la prima volta che il colosso giapponese della tecnologia si trova dietro il banco degli imputati per il modo in cui gestisce i propri affari. Anche stavolta però come in altre occasioni Sony ha cercato innanzitutto di bloccare il procedimento.
Ma il giudice che si è occupato di valutare se ci fossero o meno gli estremi per proseguire ha emesso una sentenza preliminare che ha nei fatti accolto la tesi dell’accusa, sostenuta da uno degli avvocati specializzati nelle questioni che riguardano i diritti di chi compra contro le manovre di chi vende. Si profila per questo all’orizzonte una multa che potrebbe superare i 7 miliardi di euro (con il tasso di cambio attuale e sfiorare gli 8 miliardi di dollari).
Quando ci sono di mezzo grandi società come Sony, Apple, Microsoft, di solito le questioni legali che riguardano i consumatori sono sostanzialmente quelle che vanno a valutare se le piattaforme danno sufficiente libertà di scelta o se creano invece una qualche situazione di monopolio o comunque di eccessivo controllo.
E proprio la creazione di un possibile sistema di pratiche non competitive è alla base di questa nuova azione legale che nel Regno Unito vede contrapposta la società giapponese e Alex Neill, avvocato specializzato in diritti dei consumatori.
Ridotta ai minimi termini la questione riguarda qualcosa che bene o male fanno tutti: crearsi un proprio ecosistema con le proprie regole e cercare di zittire la concorrenza con queste regole. L’accusa è che l’ecosistema chiuso creato da Sony con il Playstation Store impedisce agli utenti di avere prezzi effettivamente onesti perché impedisce a soggetti terzi di vendere direttamente sullo Store.
Se suona familiare è perché si tratta di qualcosa che abbiamo già visto per esempio nella famosa diatriba in suolo americano di Epic contro Apple e nella più recente contro Google. L’impatto sui consumatori, e questo è qualcosa che va chiarito, è indiretto anche se secondo la tesi dell’accusa è evidente.
Se le terze parti che desiderano vendere i propri prodotti agli utenti Sony Playstation attraverso il Playstation Store possono farlo solo e soltanto pagando le commissioni altissime che Sony richiede, i prezzi non sono competitivi perché le terze parti devono mantenerli entro un certo range per non rimetterci. Come finirà la questione è presto per dirlo. Soprattutto perché facendo un paragone con ciò che è successo ad Apple, Sony potrebbe a sua volta dire che l’ecosistema di Playstation non è un monopolio.
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